Da sempre le donne hanno riposto molta attenzione nei riguardi dell’abbronzatura della propria pelle: all’inizio del secolo scorso avere la pelle chiara significava appartenere ad una classe abbiente, mentre erano i contadini ad avere la pelle scura.
L’abbronzatura è stata sdoganata da Mademoiselle Chanel, che trascorreva il suo tempo libero tra Biarritz e Deauville. L’aspetto “bonne mine” diventa sinonimo di salute e benessere. Dagli anni Sessanta in poi aumenta la voglia di abbronzarsi.
Negli anni Ottanta diventa uno status symbol, si fa di tutto per potenziare il colorito: da complicati miscugli allo specchio riflettente. Per essere totalmente abbronzate ci si espone al sole, non considerando i danni che i raggi solari possono provocare sulle zone più delicate, come il viso e il seno. Gli anni Novanta frenano questa corsa al sole, si cominciano a vedere le conseguenze negative provocate dai raggi solari: macchie, photoaging, aumento delle rughe, fino ai tumori della pelle, in primis il melanoma.
Bisogna aspettare fino al 2000 per ritrovare il candore, il colorito è poco accentuato, segno di un allure chic e sofisticata e di rispetto per la propria pelle. È nel 2010 che si trova il giusto compromesso: il sole non va demonizzato. Se preso in modo corretto con l’utilizzo di prodotti solari, fa bene poiché aumenta l’apporto di vitamina D quindi previene l’osteoporosi, incrementa il rilascio di endorfine mettendoci di buon umore, dona un aspetto fresco e rilassato. Questo atteggiamento è in parte stato acquisito, grazie anche alle campagne di informazione: il sole non fa più paura se ci si espone in maniera corretta, se si utilizzano in modo costante i prodotti per la protezione solare indicati al nostro fototipo. L’industria cosmetica è sempre alla ricerca nella realizzazione di prodotti innovativi e all’avanguardia che ci permettano di stare al sole in totale sicurezza, regalando anche una sensazione piacevole.